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| Carlo Piterà |
E’ nato a Belcastro, in provincia di Catanzaro, ma nel 1956, ancora giovanissimo si è trasferito con la famiglia a Genova dove il padre
svolge il lavoro di custode dei musei del Comune di Genova in via Garibaldi. L’interesse sempre più forte per la pittura,favorita dalla
familiarità con le grandi opere d’arte che gli permette di avere, fin da bambino,la professione del padre, lo induce ad aumentare
le visite alle più importanti pinacoteche genovesi per studiare le opere degli Antichi Maestri. A vent’anni si è diplomato geometra.Suo padre spera di farne un architetto, così si iscrive alla facoltà di architettura che abbandona dopo circa due anni, mentre non abbandona la passione per l’arte e, da autodidatta, non smette di dedicarsi alla pittura e di armeggiare con i pennelli e i colori a olio. Le sue prime esperienze pittoriche sono legate al figurativo tradizionale per evolvere lentamente ma decisamente verso altri lidi, pur restando nel campo dell’iconico, sino ad approdare al Surrealismo. Nel 1976 ha presentato la sua prima mostra personale. In quell’occasione Il critico d’arte Franca Bissoni ha scritto di lui : -La realizzazione si avvale di un’abilità tecnica indubbiamente superiore all’età dell’artista, il quale sembra aver assimilato con profitto la lezione del Surrealismo storico-. Da quel momento e da quel giudizio molta acqua è passata sotto i ponti; pur continuando a dipingere con continuità, Piterà ha avvertito la necessità di una continua revisione del suo lavoro e per favorire questo esercizio introspettivo e autocritico ha sospeso per qualche tempo l’attività espositiva. Il risultato di questa scelta è stato che la qualità delle opere di Piterà, pur mantenendo coerente continuità linguistica con quelle precedenti, hanno assunto, sia in termini tecnici che contenutistici, una dimensione nuova: la narrazione, meglio la visione è meno pleonastica, vi si riducono la teatralità, le citazioni e le superfetazioni, a vantaggio di contenuti meno dichiarati e più suggeriti e interiorizzati,vi si riducono gli effetti scenici in favore di una visionarietà resa con maggiore sintesi di forme e simboli. Nel 1978 e ’79 ha ripreso l’attività pubblica, ottenendo un grande successo di pubblico e di critica[3]. Nel 1986 Pietro Annigoni ha apprezzato “le sue fantasie conturbanti e il modo diretto di evidenziarle” e lo ha incitato ad approfondire la ricerca realistica nelle sue opere, ed il critico d’arte Vitaliano Rocchiero lo ha definito “padrone assoluto dell’irrealtà nella realtà”. In quello stesso anno ha incontrato il mercante d’arte di Verona Giorgio Ghelfi che gli ha offerto l’opportunità di esporre nelle sue gallerie di Verona e Montecatini Terme, pubblicando per l’occasione una monografia con la presentazione critica di Enzo Fabiani. Negli anni successivi la sua ricerca pittorica è stata volta sempre di più allo studio approfondito dei maestri del '500 e '600 portandolo ad inserire nei suoi lavori riproduzioni del Rubens e del Caravaggio, in un contesto dove il passato ed il presente si manifestano in un unico spazio. Nel 2004, affascinato dal simbolismo e dalle Arti Divinatorie ha dipinto i Tarocchi (22 Arcani Maggiori e 56 Arcani Minori). |
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